Si può calcolare il prodotto interno della bicicletta?
Quanto benessere può produrre una bicicletta? Quanti affari genera, tra chi la assembla, chi la vende e chi la ripara? Quanto denaro pubblico fa risparmiare, tra spesa sanitaria e infrastrutture? Quanti benefici produce per l’ambiente non solo in termini di inquinamento evitato? Legambiente ha sommato i parametri ed è giunta alla conclusione che in Italia la bicicletta genera 4,156 miliardi di euro di Pib. Ossia il Prodotto interno bici. Un indicatore economico che simula il Pil, misurando gli effetti delle due ruote sull’economia e sulla società.
L’associazione ambientalista, insieme a Velolove e Grab+, ha calcolato il Pib sommando dieci parametri. Il primo è il più semplice da valutare, perché è la filiera della bicicletta. Produzione, componenti e riparazioni valgono 1,161 miliardi. Altri benefici sono indotti: 1,054 miliardi per gli effetti positivi sulla salute, 960 milioni per le migliori condizioni di vita dei bambini, 193 milioni derivanti dalle minori assenze sul posto di lavoro.
Se si usa di più la bicicletta e meno l’auto, si risparmiano 94,3 milioni di costi ambientali legati ai gas serra, 428 milioni per gli effetti sociali dell’inquinamento, 18,2 milioni spinti dall’aria di migliore qualità, 12,8 milioni per il minor rumore. Il risparmio di diesel e benzina aggiunge 127,3 milioni al conto finale. Infine, la bicicletta limita di 107 milioni di euro la spesa per infrastrutture. E se si aggiungessero i circa due miliardi di euro di valore aggiunto del cicloturismo, il Pib nazionale potrebbe aumentare ancora.
La regione con il Pib più alto è la Lombardia, dove la bicicletta genera 977 milioni di benessere, circa un quarto del totale nazionale. L’Emilia-Romagna è seconda, con 887 milioni di euro, tallonata dal Veneto con i suoi 883 milioni. La quarta regione per Pib, la Toscana, si colloca a debita distanza: 328 milioni. La seguono Piemonte e Trentino Alto Adige. In fondo alla classifica si collocano tre regioni montuose, come Umbria, Basilicata e Valle d’Aosta.
La classifica delle regioni cambia se si rapporta il numero di abitanti a quello di coloro che usano la bicicletta. La media europea è dell’8% e in Italia le regioni più competitive rispetto a questo parametro sono quelle del nord. L’Emilia-Romagna è prima con un Pib pro-capite di 199,4 euro e una media del 7,7% di residenti che pedalano. Il Trentino-Alto Adige ha un valore di 190 euro (e 8,4% di incidenza sulla popolazione residente), il Veneto di 179,6 euro, il Friuli di 114,3 euro. Le regioni del sud e le isole hanno i Pib più bassi: in Campania e Sardegna è di 12 euro a testa, in Sicilia di 7,2 euro, in Calabria di 6,2 euro.
In media, in Italia il 3,5% degli occupati nel 2015 ha inforcato la bicicletta per andare al lavoro. Tra bambini e studenti (fino a 34 anni) la percentuale di chi usa la due ruote per andare a scuola o all’università è del 2,4%. Nel complesso, circa 1,7 milioni di italiani adoperano la bicicletta per muoversi e secondo dati Ancma, nel 2016 sono stati venduti 1,67 milioni di esemplari, con un raddoppio delle bici elettriche.
Legambiente ha presentato il modello del Pib agli Stati generali della mobilità nuova, in corso oggi e domani a Pesaro. La scelta della città marchigiana non è stata casuale, perché con la sua rete di 70 chilometri di piste ciclabili, la Bicipolitana, Pesaro ha aumentato del 30% l’uso stabile delle due ruote. Legambiente promuove come città amiche per i ciclisti anche Milano, campionessa del bike sharing, Roma con il Grande raccordo anulare delle bici (Grab, a cui hanno contribuito gli stessi ambientalisti e Velolove), e Bolzano, che ha collegato scuole, centri sportivi e aree di incontro con piste ciclabili.
La bicicletta è al centro del piano dei trasporti promosso dagli organizzatori del convegno, di Rete mobilità nuova (Rmn). Nel documento si sollecita ad adottare un nuovo Codice della strada, che abbia come perno “la mobilità alternativa all’automobile e le innovazioni necessarie ad attuarla, garantendo le necessarie condizioni di sicurezza e di qualità dello spazio alle componenti non motorizzate, ciclisti e pedoni. In questo ambito è fondamentale ridefinire nuovi limiti di velocità in ambito urbano, superando il concetto di Zona 30 e puntando su Città 30”.
Inoltre si chiede di approvare in tempi stretti la “legge di riforma della mobilità ciclistica, che ha avuto un positivo e trasversale confronto in Commissione”. Per Rete mobilità nuova, “con la nuova riforma legge si darebbe il via ai Piani Regionali della mobilità ciclistica e ai Biciplan comunali e di area vasta, a nuove regole di progettazione delle strade, alla attuazione della Rete Nazionale di Percorribilità Ciclistica (RNPC), alla riscrittura delle regole per consentire il doppio senso di marcia ai ciclisti nelle Zone 30 e nelle Zone a Traffico Limitato, alla promozione dell’intermodalità treno/tram/metro più bici”. In Italia, d’altronde, tra il 2016 e il 2017 sono stati investiti 374 milioni di euro per diffondere l’uso della bicicletta.